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di Tito Lucrezio Lib. III. 143

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  610Natìe non pur, ma sottoposte a morte,
  Io vo’ seguire ad ordinar condegni
  Versi della tua vita, e da me cerchi
  Lungo spazio di tempo, e ritrovati
  Con soave fatica. Or su fra tanto
  615L’un di questi due nomi all’altro accoppia;
  E quand’io, verbigrazia, esser mortale
  L’alma t’insegno, a creder t’apparecchia,
  Che tale anco è la mente, in quanto l’una
  Fa congiunta con l’altra un sol composto:
  620Pria, perchè già la dimostrammo innanzi
  Di corpi sottilissimi e minuti,
  E fatta di principj assai minori
  Di quelli, onde si forma il chiaro e liquido
  Umor dell’acqua, o pur la nebbia, o il fumo;
  625Poichè nell’esser mobile d’assai
  Vince tai cose, e per cagion più lieve
  È sovente agitata; anzi talvolta
  Commossa è sol da simulacri ignudi
  In lei dall’acqua, o dalla nebbia impressi,
  630O pur dal fumo: il che succede allora
  Che noi sopiti in placida quiete
  Veggiam per l’aere atri vapori, e fumo
  D’ogn’intorno esalar sublimi Altari;
  Posciachè tali immagini per certo
  635Formansi in noi. Or se tu vedi adunque,
  Che rotti i vasi in ogni parte scorre

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