< Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

di Tito Lucrezio Lib. III. 147

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lucrezio e Fedro I.djvu{{padleft:175|3|0]]

  Esce fuor di se stesso, i nervi stende,
  E si crucia, ed anela, ed incostante
  720Dibatte, e stanca in varie guise il corpo;
  Poichè del morbo la possanza allora
  Per le membra distratta agita e turba
  L’alma: e spuma, qual onda in salso mare,
  Se Borea il fiede impetuoso, ed Austro,
  725Gorgoglia e bolle: il gemito s’esprime
  Sol perchè punte dal dolor le membra
  Fan, che scacciati dalle voci i semi
  Escan per bocca avvilupati insieme:
  Nasce il deliro poi, perchè l’interna
  730Virtù dell’alma, e della mente allora
  Si turba, e com’io disssi, in due divisa
  Vien sovente agitata, a quinci e quindi,
  Dallo stesso velen sparsa, e distratta.
  Ma se il fiero accidente omai si placa,
  735E l’altro umor del già corrotto. corpo
  Ne’ ripostigli suoi fugge e s’asconde;
  Prima allor vacillando in piè si rizza,
  E quindi in tutti appoco appoco i sensi
  Riede, e l’alma ripiglia. Or questa dunque,
  740Mentre chiusa è nel corpo, avrà da tanti,
  Morbi travaglio, e fia distratta, e sparsa
  In così varie, e miserande guise,
  E creder vuoi, che la medesma possa.
  Priva affatto del corpo all’aer aperto

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.