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di Tito Lucrezio Lib. III. 159

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  Ma s’ella poi dalle sincere membra
  Sen fugge in guisa, che nel corpo alcuna
  Parte di se medesima non lasci,
  1045Onde spirano i vermi entro alle viscere
  Già rance de’ cadaveri, e sì grande
  Numero d’animali affatto privi
  D’ossa, e di sangue in ogni parte ondeggia
  Per le tumide membra, e per gli articoli?
  1050Che se tu forse insinuarsi a’ vermi
  L’anime credi, e per di fuori entrare
  Ignude entro lor corpi, e non consideri,
  Come mille, e mill’anime s’adunino
  In quel corpo medesmo, onde una sola
  1055Già si partìo, ciò nondimeno è tale,
  Che sembra pur, che ricercar si debba,
  E forte dubitar, se l’alme i semi
  Si procaccin de’ vermi ad un ad uno,
  E i luoghi, ove abitar denno, esse stesse
  1060Si vadan fabbricando, o pur di fuori
  Sian ne’ corpi già fatti insinuate.
  Ma nè come operar debbano, o come
  Affaticarsi l’anime, ridire
  Non puossi: conciossiachè senza corpo
  1065Inquiete, e sollecite non vanno
  Qua, e là svolazzando a forza spinte
  O dal male, o dal freddo o dalla fame.
  Che per questi difetti, ed a tal fine

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