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162 di Tito Lucrezio Lib. III.

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  Che l’anima è mortal, mentre si cangia
  Sì fattamente per le membra, e perde
  1125La primiera sua vita, e ’l proprio senso.
  E come in oltre in compagnia del corpo
  Divenuta robusta, al fior bramato
  Giunger dell’età sua l’alma porrebbe,
  Se della prima origine non fosse
  1130Consorte? O come dalle vecchie membra
  Desidera d’uscir? forse paventa
  Chiusa restar nel puzzolente corpo?
  O che l’albergo suo già vacillante
  Per la soverchia età caggia, e l’opprima?
  1135Ma non può l’immortale esser disfatto.
In somma assai ridicolo mi sembra
  Il dir, che siano apparecchiate, e pronte
  Ne’ Venerei diletti, e delle fiere
  Ne’ parti l’alme; e che immortali essendo
  1140Sian costrette a guardar membra mortali
  Menti infinite, e guerreggiar fra loro
  Qual prima, o dopo insinuar si deggia;
  Se non se forse han pattuito insieme,
  Che quella, che volando arriva prima,
  1145Anco prima s’insinui, e che di forze
  L’una all’altra giammai lite non mova.
  Gli alberi finalmente esser nell’etere
  Non ponno, nè le nubi entro all’oceano,
  Nè vivo il pesce dimorar ne’ campi,

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