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164 di Tito Lucrezio Lib. III.

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  Cosa mai sì diversa, e sè disgiunta,
  E fra se discrepante immaginarsi
  Potria, quanto l’unirsi all’immortale
  1180E perenne il caduco, e fragil corpo,
  E soffrir nel concilio aspre tempeste?
In oltre tutto quel, che dura eterno,
  Conviene o che respinga ogni percossa
  Per esser d’infrangibile sostanza,
  1185Nè soffra mai, che lo penètri alcuna
  Cosa, che disunir possa l’interne
  Sue parti, qual della materia appunto
  Gli atomi son, la cui natura innanzi
  Già per noi s’è dimostra, o che immortale
  1190Viva, perchè dagli urti affatto esente
  Sia, come il vuoto, che non tocco dura,
  Nè mai soggiace alle percosse un pelo:
  O perchè intorno a lui alcuno spazio
  Non sia, dove partirsi, e dissiparsi
  1195Possa; come la somma delle somme
  Fuor di se non ha luogo, ove si fugga,
  Nè corpo, che l’intoppi, e con profonda
  Piaga l’ancida, e però vive eterna.
  Ma nè, come insegnammo, esser contesta
  1200L’alma non può d’impenetrabil corpo:
  Che misto è sempre infra le cose il vuoto:
  Nè però, come il vuoto, intatta vive;
  Poichè corpi non mancano, che sorti

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