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di Tito Lucrezio Lib. III. 165

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  Dall’infinito, ed agitati a caso
  1205Possan cozzar con violento turbine
  Questa mole di mente, ed atterrarla,
  E farne in altri modi orrido scempio:
  Nè del luogo l’essenza, e dello spazio
  Profondo manca, ove distrarsi, e spargersi
  1210L’anima possa, e per lo vano immenso
  Spinta da qualunque altra esterna forza
  Finalmente perir. Dunque non fia
  Chiusa alla mente del morir la porta.
Che se forse immortal credi piuttosto
  1215L’anima, perchè sia ben custodita
  Dalle cose mortifere; o perchè
  Tutto quel, che la incontra in qualche modo,
  Pria che le noccia risospinto a forza
  Indietro si ritiri; o perchè nulla,
  1220Che nemico le sia, possa incontrarla,
  Erri lungi dal ver: poich’ella al certo
  Oltre al mal, che patisce, allor che inferme
  Giaccion le membra, è macerata spesso
  Dal pensare al futuro, onde il timore
  1225Nasce, che la maltratta, e le nojose
  Cure, che la travagliano, e rimorsa
  E’ dalle colpe in gioventù commesse,
  Aggiungi in oltre il proprio suo furore,
  E l’obblío delle cose; aggiungi il nero
  1230Torrente di letargo, in cui s’immerge.

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