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170 di Tito Lucrezio Lib. III.

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  Vorrian con detti, omai scioglier se stessi
  1340Potranno, e dall’angoscia, e dal timore,
  Venti contrarj alla tranquilla vita.
  Tu, qual da morte addormentato sei,
  Tale al certo sarai nella futura
  Età privo d’affanno, e di cordoglio:
  1345Ma noi vicini al tuo sepolcro orrendo
  Te piangeremo insaziabilmente.
  Dal rogo in poca cenere converso;
  Nè l’eterno doior dal cor profondo
  Tolto mai ne sarà; Chiedere adunque
  1350Deggiamo a questi: che vi sia d’amaro
  Cotanto, se una cosa omai ritorna
  Al sonno, alla quiete? e qual cagione
  Abbia alcun di dolersi, pianger sempre?
  Sogliono ancor, mentre sedendo a mensa
  1355Tengon gli uomini in man coppe spumanti,
  Di ghirlande odorose ornati il crine
  Dirsi di cuor l’un l’altra: è breve il frutto
  Del bere, e ’l già godemmo, e nel futuro
  Forse più no ’l godrem quasi il maggiore
  1360Mal, che la tomba a questi tali apponi,
  Sia l’esser dalla sete arsi, e consunti.
  O dall’arida terra, o da qualunque
  Altro desio miseramente afflitti
  Ma nè la vita sua, nè se ricerca
  1365Alcun, mentre di par giaccjon sopiti

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