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di Tito Lucrezio Lib. III. | 171 |
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In placida quiete il corpo, e l’alma:
Conciossiache in tal guisa a noi pur lice
Dormir sonno perpetuo, e non ci punge
Di noi medesmi desiderio alcuno;
1370E pur dell’alma i primi semi allora
Non vanno per le membra errando lungi
Da i sensiferi moti, anzi si desta
L’uom per se stesso. Molto meno adunque
Creder si dee, che appartener si possa
1375La morte a noi, se men del nulla è nulla;
Poichè più dissipata è nel feretro
L’union de’ principj, e mai nessuno
Svegliossi dopo che seguìo la fredda
Pausa della sua vita una sol volta.
1380Al fin se voci la natura istessa
Fuor mandasse repente, ed in tal guisa
Prendesse a rampognare: E qual sì grave
Causa, o sciocco mortal, ti spinge al duolo?
Perchè temi la morte, e perchè piangi?
1385Giacchè se dolce la primiera vita
Ti fu, nè tutti i comodi di quella
Scorser quasi congesti in un forato
Vaso; nè tutti trapassar nojosi;
Perchè di viver sazio omai non parti
1390Dal mio convito, e volentier non pigli
La sicura quiete?, e se profuso
Svanì ciò che godesti, e se la vita