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di Tito Lucrezio Lib. III. | 173 |
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1420Sprezzi, qual cosa vil, ciò che possiedi,
Quindi avvien, che imperfetta, e poco grata
Ti rassembra la vita;, e quindi innanzi
Che tu possa partir lieto, e satollo
Delle cose del mondo, all’improvviso
1425Ti sovrasta la morte. Or lascia adunque
Ciò che più tuo non è, benchè prodotto
Fosse al tuo tempo, e volentier concedi,
Ch’altri possegga quel, che indarno omai
Tenti di posseder. Giusta per certo
1430Sarebbe al creder mio tal causa, e giusto
Un sì fatto rimprovero: che sempre
Cedon l’antiche alle moderne cose
A viva forza discacciate, e l’una
Si ristaura dall’alrra, e nulla cade
1435O nel tartaro cieco, o nel profondo
Baratro. Acciò ne’ secoli futuri
Gli uomini, gli animai, l’erbe, e le piante
Crescano, han d’uopo di materia; e pure
Mestieri è, che ciò segua allor che avrai
1440Compito affatto di tua vita il corso.
Dunque non men di te caddero innanzi
Tai cose, e caderanno. In cotal guisa
Di nascer l’un dall’altro unqua non resta;
E fu dalla natura il viver dato
1445A nessuno in mancipio, a tutti in uso.
Pon mente in oltre, come pria che al mondo