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176 | di Tito Lucrezio Lib. III. |
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E pur sazio giammai l’uomo infelice
Non è di tanti, e così dolci frutti,
Che la vita gli porge. A quel, ch’io stimo,
Altro questo non è, che radunare
1505Acqua in vasi forati, i quai non ponno
Empiersi mai; come si dice appunto,
Che a far sian condannate in Acheronte
Dell’empio re le giovinette figlie.
Cerbero fiera orribile e diversa,
1510Che latra con tre gole, e il cieco tartaro,
Che fumo erutta, e spaventosi incendj,
E le furie crinite di serpenti,
Ed Eaco, e Minosse, e Radamanto
Non sono in alcun luogo, e senza dubbio
1515Esser non ponno; ma la tema in vita
Delle pene dovute a’ gran misfatti
Gravemente n’affligge, e la severa
Penitenza del fallo, e ’l carcer tetro,
E del sasso Tarpeo l’orribil cima,
1520I flagelli, i carnefici, e la pece,
E le piastre infocate, e le facelle,
E qual altro supplicio unqua inventasse
Sicilia de’ tiranni antico nido;
I quai, benchè dal corpo assai lontani
1525Forse ne sian, pur di temer non resta
L’animo consapevole a se stesso
De’ malvagi suoi fatti; e ’l core, e l’alma