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di Tito Lucrezio Lib. III. | 177 |
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Sì ne sferza, e ne stimola, e n’affligge,
Che nell’esser crudel Falari avanza:
1530Nè sa veder, qual d’ogni male il fine
Sarebbe, e d’ogni pena; anzi paventa,
Che viepiù dopo morte aspre, e nojose
Non sian le sue miserie. Or quindi fassi
La vita degli sciocchi un vivo inferno.
1535Talvolt’ancor puoi fra te stesso dire:
Vide pur anco Marzio eterna notte,
Che di te scellerato assai migliore
Era per molte cause, e tanto avea
Dilatati i confini al proprio regno.
1540Anzi a molt’altri re, duci, signori,
E capi di gran popolo convenne
Pur morir finalmente. E quello stesso,
Che del vasto ocean su ’l molle dorso
Vie lastricando passeggiò per l’alto
1545Con le sue legioni, e sovr’all’onde
Delle salse lagune a piede asciutto
Insegnò cavalcare, e pria d’ogni altro
Sprezzo del mare il murmure tremendo,
Perduto il vital giorno al fin disperse
1550L’anima fuor del moribondo corpo.
Polve è già Scipione, alto spavento
D’Africa, e chiaro fulmine di guerra,
Non altrimente che un vil servo fosse.
Aggiungi poi delle dottrine i primi