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178 | di Tito Lucrezio Lib. III. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lucrezio e Fedro I.djvu{{padleft:206|3|0]]
1555Inventori, e dell’arti, e delle grazie:
Aggiungi delle nove alme sorelle
I divini compagni. Un solo Omero
Fu principe di tutti, e pur si giace
Sopito anch’ei nella medesma quiete,
1560Che si giacciono gli altri. Al fin Democrito,
Poi che imparò dalla vecchiezza estrema,
Che già languian della sua mente i moti,
Corse incontro alla morte, e ’l proprio capo
Volontario le offerse; anzi lo stesso
1565Epicuro morìo, che il germe umano
Superò nell’ingegno, e d’ogni stella
Gli splendori oscurò, nato fra noi,
Qual sole etereo, ad illustrare il mondo.
E tu temi ’l morire, e te ne sdegni?
1570Tu, che vivo, e veggente hai quasi morta
La vita omai? Tu, che nel sonno involto
La maggior parte dell’età consumi?
Tu, che dormi vegliando, e mai non resti
Di veder sogni, e di paura vana
1575Hai la mente sollecita, e non trovi
Sovente il male, che ti crucia ed ange,
Allorchè d’ogn’intorno egro infelice
Sì gravemente da nojose cure
Travagliato, ed oppresso, e fra pensieri
1580Dubbioso ondeggi in mille errori, e mille?
Ah! che se gl’infelici uomini stolti