< Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

di Tito Lucrezio Lib. IV. 183

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lucrezio e Fedro I.djvu{{padleft:211|3|0]]

  Nè questo è, come par, fuor di ragione:
  Poichè, qual se fanciullo infermo langue,
  Fisico esperto alla sua cura intento
  Suol porgergl’in bevanda assenzio tetro,
  20Ma pria di biondo, e dolce mele asperge
  L’orlo del nappo, acciò gustandol poi
  La semplicetta età resti delusa
  Dalle mal caute labbra, e beva intanto
  Dell’erba a lei salubre il succo amaro,
  25Nè si trovi ingannata, anzi consegua
  Solo per mezzo suo vita e salute;
  Tale appunto or facc’io, perchè mi sembra,
  Che le cose, ch’io parlo, a molti indotti
  Potrian forse parer aspre e malvage;
  30E so, che ’l cieco e sciocco volgo aborre
  Da mie ragioni. Io per ciò volli; o Memmio,
  Con soave eloquenza il tutto esporti,
  E quasi asperso d’apollineo mele,
  Te ’l porgo innanzi per veder, s’io posso
  35In tal guisa allettar l’animo tuo;
  Mentre dipinta in questi versi miei
  La natura vagheggi, e ben conosci
  Quanto l’utile sia, ch’ella n’apporta:
Ma perchè innanzi io t’ho provato a lungo,
  40Quali sian delle cose i primi semi,
  E con che varie forme essi per se
  Vadan nel vano errando, e sian commossi

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.