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186 di Tito Lucrezio Lib. IV.

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  Conciossiachè giammai ragione alcuna
  Assegnar non si può, perchè staccarsi
  Debbiano dalle cose i detti corpi,
  100E noi i più minuti, e più sottili;
  Massim’essendo delle cose al sommo
  Molti piccioli semi, i quai vibrarsi
  Ponno con lo stess’ordine, che prima
  Ebbero, e conservar la stessa forma;
  105E ciò tanto più ratti, quanto meno
  Ponno i pochi impedirsi, e nelle fronte
  Prima hanno luogo. Conciossiachè sempre
  Emergon molte cose, e son vibrate
  Non pur da’ cupi penetrali interni,
  110Com’io già dissi; ma sovente ancora
  Il medesmo color diffuso intorno
  È dal sommo de’corpi, e l’auree vele,
  E le purpuree, e le sanguigne spesso
  Ciò fanno allor che ne’ teatri augusti
  115Son tese, o sventolando in sull’antenne
  Ondeggian fra le travi. Ivi ’l consesso
  Degli ascoltanti, ivi la scena, e tutte
  L’immagini de’padri, e delle madri,
  E degli Dei di color varj ornate
  120Veggonsi fluttuare; e quanto più
  Han d’ogn’intorno le muraglie chiuse,
  Sicchè da’ lati del teatro alcuna
  Luce non passi, tanto più cosperse

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