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di Tito Lucrezio Lib. IV. 187

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  Di grazia, e di lepor ridon le cose
  125Di dentro, avendo in un balen concetta
  L’alma luce del dì. Se dunque il panno
  Dall’esterne sue parti il color vibra,
  Mestiero è pur, che tutte l’altre cose
  Vibrino il tenue simolacro loro;
  130Posciachè quello, e questi è dall’esterne
  Parti scagliato. Omai son certi adunque
  Delle forme i vestigj, che per tutto
  Volano, e son di sottil filo intesti,
  Nè mai posson disgiunti ad uno ad uno
  135Esser visti da noi. L’odore in oltre,
  Il fumo, il vapor caldo, e gli altri corpi
  Simili errar soglion diffusi e sparsi
  Lungi da quelle cose, ond’esalaro;
  Perchè venendo dalle parti interne,
  140Nati dentro di lor per tortuose
  Vie camminando, son divisi, e curve
  Trovan le porte, ond’eccitati al fine
  Tentan d’uscir. Ma pe ’l contrario allora
  Che le tenui membrane dall’estremo
  145Color de corpi son vibrate intorno,
  Cosa non è, che dissipar le possa;
  Perch’elle in pronto sono, e nella prima
  Fronte locate. Finalmente è d’uopo,
  Che ciascun simolacro, che apparisce
  150Negli specchj, nell’acqua, ed in qualunque

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