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di Tito Lucrezio Lib. IV. | 189 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lucrezio e Fedro I.djvu{{padleft:217|3|0]]
Pria, sono al mondo sì fatti animali,
Che la lor terza parte in guisa alcuna
180Veder non puossi: or qual di questi adunque
Creder si debbe ogn’intestino? quale
Del core il globo, e gli occhi?, e quai le membra,
Quai le giunture? e quai dell’alma in somma
Gli atomi, e della mente? Or non conosci
185Quanto piccioli sian, quanto sottili?
In oltre, ciò che dal suo corpo esala
Acuto odor, la panacea, l’assenzio,
E l’amaro centauro, e ’l grave abrotano,
Se fia mosso da te, vedrai ben tosto
190Molte effigie vaganti in molti modi
Prive affatto di forze, e d’ogni senso,
Delle quai quanto sia picciola parte
L’immagine, uom non è, che sia bastante
A dir altrui, nè con parole possa
195Render di cosa tal ragione alcuna.
Ma perchè tu forse vagar non creda
Quelle immagini sol, che dalle cose
Vengon lanciate, altre si creano ancora
Per se medesme in questo ciel, che detto
200Aere è da noi. Queste formate in varj
Modi all’in sù van sormontando, e molli
Non cessan mai di variar sembianza;
E novi Protei in qualsivoglia forma
Cangian se stesse; in quella guisa appunto,