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di Tito Lucrezio Lib. IV. 193

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  Qual è forza, che sia la luce, e quale
  Il tepido vapor de’ rai del sole:
  Che fatti essendo di minuti semi
  Son quasi a forza ognor vibrati, e nulla
  290Temono il penetrar l’aereo spazio,
  Sempre da novi colpi urtati e spinti.
  Conciossiachè la luce è dalla luce
  Somministrata immantinente, ed ave
  Dal fulgore il fulgor stimolo eterno;
  295Onde per la medesima cagione
  Mestieri è, che l’effigie in un momento
  Sian per immenso spazio a correr atte,
  Pria perchè basta ogni leggiero impulso,
  Che l’urti a tergo, e le sospinga avanti;
  300Poi, perchè son di così tenui e rari
  Atomi inteste, che lanciate intorno
  Penetrano ogni cosa agevolmente,
  E volan quasi per l’aereo spazio.
In oltre se dal ciel vibransi in terra
  305Minimi corpi, qual del sole appunto
  È la luce, e ’l vapor, miri, che questi
  Diffondendo se stessi, in un momento
  Irrigan tutto il ciel supremo, e tutta
  L’aria, l’acqua, e la terra, ove sì mobile
  310Leggerezza gli spinge; or che dirai?
  Dunque le cose, che de’ corpi al sommo
  Sono al moto sì pronte, se lanciate

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