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di Tito Lucrezio Lib. IV. | 201 |
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Seguon senz’alcun velo, ed a vedergli
N’incitan la pupilla. Il che non puossi
Far pe ’l contrario dalla luce al bujo;
505Perchè l’aer secondo oscuro, e grosso
Succede al tenue, e luminoso, e tutti
I meati riempie, e cinge intorno
Le vie degli occhi, onde impedito affatto
Sia d’ogni corpo a’ simolacri il moto.
510Succede ancor, che le quadrate torri
Riguardate da lungi appajan tonde,
Sel perchè di lontan gli angoli loro
Molto ottusi si veggono, e svanisce
Affatto ogni lor piaga, e non ne giunge
515Pur a moverne il senso un picciol urto.
Poichè mentre l’immagine per lungo
Tratto si move, è dagli stessi incontri
Dell’aere a forza rintuzzato, e quindi
Tosto che tutti gli angoli a’ nostri occhi
520Son resi impercettibili, ne sembra
Tornito l’edificio; ma non tale,
Che differenza non vi sia fra quello,
E gli edificj veramente tondi,
E visti da vicin. Per ciò ne pare
525Da lungi ancor, ch’ei non sia tondo affatto.
Parne oltre a ciò, che al sol l’ombra si muova,
E segua i nostri passi, e il gesto imiti,
Se pur credi, che l’aria, essendo priva