< Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

di Tito Lucrezio Lib. IV. 201

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lucrezio e Fedro I.djvu{{padleft:229|3|0]]

  Seguon senz’alcun velo, ed a vedergli
  N’incitan la pupilla. Il che non puossi
  Far pe ’l contrario dalla luce al bujo;
  505Perchè l’aer secondo oscuro, e grosso
  Succede al tenue, e luminoso, e tutti
  I meati riempie, e cinge intorno
  Le vie degli occhi, onde impedito affatto
  Sia d’ogni corpo a’ simolacri il moto.
510Succede ancor, che le quadrate torri
  Riguardate da lungi appajan tonde,
  Sel perchè di lontan gli angoli loro
  Molto ottusi si veggono, e svanisce
  Affatto ogni lor piaga, e non ne giunge
  515Pur a moverne il senso un picciol urto.
  Poichè mentre l’immagine per lungo
  Tratto si move, è dagli stessi incontri
  Dell’aere a forza rintuzzato, e quindi
  Tosto che tutti gli angoli a’ nostri occhi
  520Son resi impercettibili, ne sembra
  Tornito l’edificio; ma non tale,
  Che differenza non vi sia fra quello,
  E gli edificj veramente tondi,
  E visti da vicin. Per ciò ne pare
  525Da lungi ancor, ch’ei non sia tondo affatto.
Parne oltre a ciò, che al sol l’ombra si muova,
  E segua i nostri passi, e il gesto imiti,
  Se pur credi, che l’aria, essendo priva

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.