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206 | di Tito Lucrezio Lib. IV. |
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Ma non fanno così l’altre lor parti
Ricoperte dall’onde, anzi refratte
Mostran voltarsi, e ritornar supine
640Verso ’l margine estremo, e ripercosse
Quasi al sommo dell’acque ir fluttuando.
E se in tempo di notte al ciel sereno
Per lo vano dell’aria il vento spinge
Nuvole trasparenti, allor ci sembra,
645Che gli splendidi segni a i nembi incontro
Vadano in region molto diversa
Dal lor vero viaggio; e se la mano
Supposta all’un degli occhi il preme ed erge,
Doppio al senso divien ciò che si mira;
650Doppio di casa ogni ornamento, e doppie
Degli uomini le faccie, e doppj i corpi.
Al fin quando sepolte in dolce sonno
Giaccion tutte le membra, e gode il corpo
Una somma quiete, allor sovente
655Parne esser desti non per tanto, e moverne,
E mirar nella cieca ombra notturna
L’aureo lume del giorno, e in chiuso luogo
Cielo, e mare passar, fiumi, e montagne,
E con libero piè scorrer pe’ campi,
660E parole ascoltar, mentre il sereno
Silenzio della notte il mondo ingombra,
E risponder tacendo alle proposte:
Ed in somma guardando ognor veggiamo