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210 | di Tito Lucrezio Lib. IV. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lucrezio e Fedro I.djvu{{padleft:238|3|0]]
745Rovini in tutto, e al fin s’adegui al suolo;
Così d’uopo sarà, ch’ogni ragione,
Che da sensi fallaci origin ebbe;
Cieca si stimi, e mal fedele anch’ella:
Or come ogni altro senso il proprio obbietto
750Senta per se medesmo, agevolmente
Può capirsi da noi. Pria s’ode il suono,
E s’intendon le voci, allorch’entrando
Nell’orecchie il lor corpo agita il senso:
(Che corporea per certo anche la voce,
755E il suon d’uopo è, che sia, mentre bastanti
Sono a movere il senso, e risvegliarlo)
Poichè raschia sovente ambe le fauci
La voce, e nell’uscirsene le strida
Inaspriscon viepiù l’aspera arteria.
760Conciossiache sorgendo in stretto luogo
Turba molto maggior, tosto che i primi
Principj delle voci han cominciato
A volarsene fuora, e che ripieni
Ne son tutti i polmon; radono al fine
765La troppo angusta porta, ond’hanno il passo.
Dubbio dunque non è, che le parole
Siano, e le voci di corporei semi
Create; conciossiach’offender ponno.
Nè t’è nascosto ancor, quanto detragga
770Di corpo, e quanto sminuisca altrui
Di forza, di vigor, di robustezza