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di Tito Lucrezio Lib. IV. | 213 |
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Ne riflettan per ordine l’intera
Forma delle parole, allor che cerchi
Per selve opache, per montagne alpestri
Gli smarriti compagni, e li richiami
830Con grida alte, e sonore. E mi sovviene,
Ch’una sola tua voce, or sei, or sette
Volte s’udìo: tal reflettendo i colli
A i colli stessi la parola, a gara,
Iteravano i detti. I convicini
835Di questi luoghi solitarj han finto,
Che Fauni, e Ninfe, e Satiri, e Silvani
Ne siano abitatori, e che la notte,
Con giochi, e scherzi, e strepitosi balli
Rompan dell’aer fosco i taciturni
840Silenzj, e dalla piva, e dalla cetra
Tocca da dotta man spargano all’aure
Dolci querele, e armoniosi pianti:
E che rozzo villan senta da lungi,
Qualor scotendo del biforme capo
845La corona di pino il Dio de’ boschi,
Spesso con labbro adunco in varie guise
Anima la siringa, e fa che dolce
Versin le canne sue musa silvestre.
Altri han finto eziandio mostri, e portenti
850Simili a’ sopraddetti, onde si creda,
Che non sian dagli Dei sole e deserto
Le lor selve tenute; e però vanno