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di Tito Lucrezio Lib. IV. | 215 |
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880Più, e più rintuzzata, onde all’orecchie
Giunge indistinta, ed ascoltar ne sembra
Più che note, e parole, un suon confuso,
Ma la lingua, e il palato, ove consiste
Del gusto il senso, han di ragione, e d’opra
885Parte alquanto maggior. Pria nella bocca
Si sentono i sapori, allor che il cibo
Masticando si preme, in quella guisa
Che si fa d’una spugna. Il succo espresso
Quindi si sparge pe’ meati obliqui
890Della rara sostanza della lingua;
E del nostro palato;, e se di lisci
Semi è composto, dolcemente tocca
Gl’istrumenti del gusto, e dolcemente
Gli molce, e gli solletica; ma quanto
895Son più aspri all’incontro, e più scabrosi
Gli atomi suoi, tanto più punge e lacera
Del palato i confin: ma giù caduto
Per le fauci del ventre alcun diletto
Più non ne dà, benchè si sparga in tutte
900Le membra, e le ristori. E nulla monta,
Di qual sorte di cibo il corpo viva,
Parchè distribuir possa alle membra
Concotto ciò che pigli, e dello stomaco
Sempre intatto servar l’umido innato.
905Ma tempo è di insegnarti, onde proceda,
Che varj han vario cibo; ed in qual modo