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234 di Tito Lucrezio Lib. IV.

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  Lungi ne sian, pur nell’interno aperte
  Sono altre strade, onde venirgl’in mente
  1395Posson gl’istessi simolacri; e quindi
  Avvien, che lungo tempo avanti a gli occhi
  Gli stanno in guisa, ch’eziandio vegliando
  Pargli veder chi balli, e salti, e mova
  Le pieghevoli membra acconciamente,
  1400E sentir delle cetre i dolci carmi,
  E de’ nervi loquaci il suon concorde,
  E mirare il medesimo consesso,
  E di varie pitture, e d’oro, e d’ostro
  Splender la scena, ed il teatro intorno:
  1405Tanto il voler, tanto lo studio importa,
  Ed a quali esercizj assuefatti,
  Non pur gli uomini sian, ma tutti i bruti.
  Conciossiachè sovente, ancorchè dorma
  Il feroce destrier steso fra l’erbe,
  1410Quasi a nobil vittoria avido aspiri,
  Sbuffa, zappa, nitrisce, anela, e suda,
  E per vincer pugnando opra ogni forza.
  E spesso immersi in placida quiete
  Corrono i bracchi all’improvviso, e tutto
  1415Empion di grida, e di latrati il cielo;
  E qual se l’orme di nemiche fiere
  Si vedessero innanzi, aure frequenti
  Spirano, e spesso ancor poi che son desti
  Seguen de’ cervi i simolacri vani

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