< Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

di Tito Lucrezio Lib. IV. 243

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lucrezio e Fedro I.djvu{{padleft:271|3|0]]

  Allorchè favorevole e propizio
  Si mostra altrui, quanto mostrar si puote,
  Ma quando egli all’incontro incrudelisce
  Verso i mendici suoi miseri servi,
  1640N’ha tanti, e tanti, che co’ gli occhi stessi
  Puoi vederne infiniti. Onde assai meglio
  Ti fia lo star ben vigilante, e desto,
  Com’io già t’insegnai, pria che la dolce
  Esca t’alletti, in cui nascosto è l’amo.
  1645Posciachè lo schivar d’esser indotto
  A cader nella rete, è molto meno
  Malagevole a far, che preso uscirne,
  E romper di Cupido i forti nodi;
  O pure avvinto ed irretito ancora
  1650Scior ti potrai, se tu medesmo a te
  Non sei d’impedimento, e non dissimuli
  Tutti i vizj dell’animo, e del corpo
  Di colei, che tu ami, e che desideri;
  Poichè il più delle volte i folli amanti
  1655Ciò fanno, e spesso attribuiscon loro
  False prerogative: e quindi accade,
  Che molte, ancorchè brutte, in varie guise
  Piacciono, e s’hanno in somm’onore, e pregio
  Olivastra è la Nera; inculta ad arte
  1660La sciatta, e sporca: Pallade somiglia
  Chi gli occhi ha tinti di color celeste:
  Forte, e gagliarda è la Nervosa, e dura:

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.