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di Tito Lucrezio Lib. IV. 245

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  1690Sì che fin dalle serve avuta a schifo
  È fuggita, odiata, e mostra a dito.
  Ma di setti, e di fior l’escluso amante
  Spesso piangendo orna la fredda soglia,
  E di soavi unguenti unge l’imposte
  1695Misero, e baci al superb’uscio affige;
  Che poi se dentro a limitare il piede
  Ferma, un’aura, che lieve lo percota,
  L’offende sì, che di tirarlo omai
  Cerca oneste cagioni. Un punto solo
  1700Rasciuga il pianto di molt’anni, e freno
  Pone a’ lameṇti; anzi se stesso accusa
  Di solenne pazzia, chiaro veggendo
  D’aver più ad una femmina concesso,
  Che a mortal cosa attribuir non lice.
  1705Nè ciò punto è nascosto alle moderne
  Veneri nostre, onde ogn’industria, ogni arte
  Usan per occultar ciò che in segreto
  Fanno, allorchè tener gran tempo avvinti
  Fra legami d’amor braman gli amanti;
  1710Ma tutto in van: che se mirar non puossi
  Co’ gli occhi della testa, almen con quelli
  Dell’animo si mira, e si contempla;
  E se bella è di mente, e se ti porta
  Vicendevole amor, non vieteratti
  1715Punto il dar venia alle miserie umane.
  Nè per infinito amor sempre sospira

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