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246 di Tito Lucrezio Lib. IV.

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  La donna, allor che nelle braccia accoglie
  Dell’uomo il corpo, e lo si stringe al seno,
  E co’ succhiati labbri umetta i baci.
  1720Conciossiachè di core il fa sovente
  Cercando il comun gaudio, e s’affatica
  Di giunger tosto all’amorosa meta:
  Nè per altra cagione a maschj loro
  Sottopor si potrian gli augelli, e i greggi,
  1725E gli armenti, e le fere, e le cavalle,
  Se non perch’ardon di lussuria, e tutte
  Di focoso desio pregne, e di seme
  Vien liete incontro al genital diletto
  De’ lascivi mariti, ed a vicenda
  1730Il maneggiano anch’esse. Or tu non vedi
  Forse, come color, che spesso avvinti
  Furon da vicendevole piacere,
  Nella stessa prigione, e fra gli stessi
  Lacci sian tormentati? Anzi sovente
  1735Per le pubbliche vie sogliono i cani
  Tentar di separarsi, ed ogni sforzo
  Mettere in ciò, mentre legati intanto
  Stan con nodi venerei: il che per certo
  Far non potrian, se di scambievol gusto
  1740Non gioissero in prima, onde ingannati
  Fossero, e strettamente aggiunti.
  Dunque voglia, o non voglia, il gaudio loro
  È comun senza dubbio, e vicendevole.

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