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di Tito Lucrezio Lib. I. | 11 |
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Si vedrebber le piante inverso il cielo
260Erger da terra le robuste braccia
Il che mai non succede; anzi ogni cosa
Cresce, come conviensi, a poco a poco
Da certo seme, e la sua specie intanto
Propagando conserva, onde ben puossi
265Chiaramente dedur, che dalla propria
Materia ha cibo, e divien grande il Tutto.
S’arroge a ciò, che non daria la terra
Il dovuto alimento a’ lieti parti;
Se ne’ debiti tempi a fecondarla
270Non cadesse la pioggia, e gli animali
Propagar non potrian privi di cibo
La propria specie, e conservar la vita?
Ond’è ben verisimile, che molte
Cose molti tra lor corpi comuni
275Abbian, come le voci han gli elementi;
Anzi che sian senza principio alcuno.
In somma ond’è, che non formo Natura
Uomini tanto grandi, e sì robusti,
Che potesser co’ piè del mar profondo
280Varcar l’acque sonanti, e con le mani
Sveller dall’imo lor l’alte montagne,
E viver molt’etadi, e molti secoli?
Se non perchè prescritta è la materia,
Ond’ogni cosa ha da prodursi, ed onde
285Cert’è ciò, che può nascere. Ecco dunque