Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
14 | di Tito Lucrezio Lib. I. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lucrezio e Fedro I.djvu{{padleft:42|3|0]]
340Nulla, non fosse, ogni più leve impulso
Scior ne dovrebbe la testura in tutto
Ma perchè varj de’ principj sono
I nodi, ed è la lor materia eterna
Salve restan le cose infino a tanto
345Che forza le percota atta a disciorle.
Nulla può dunque mai ridursi al nulla,
Ma ne’ primi suoi corpi il Tutto riede
Tosto che finalmente il padre Giove
Alla gran madre Terra in grembo versa
350L’umida pioggia, ella perisce al certo;
Ma sorgon quindi le lucenti biade,
Ne verdeggiano gli alberi, e crescendo
Gravano i rami lor di dolci frutti;
Quindi si pasce poi l’umano Germe
355Quindi ogni altro animale, e lieta quindi
Di vezzosi fanciulli ogni cittade
Fiorir si mira, e le fronzute selve
Piene di nuovi innamorati augelli
Cantan soavi armoniose note;
360Quindi per lieti paschi i grassi armenti
Posan le membra affaticate, e stanche,
E dalle piene mamme in bianche stille
Gronda sovente il nutritivo umore,
Onde i novi lor parti ebri e lascivi
365Con non ben fermo piè scherzan per l’erbe.
Dunque affatto non muor ciò che ne sembra