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16 | di Tito Lucrezio Lib. I. |
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Nè in altra guisa il suo furor distende,
395Che suol repente in ampio letto accolta
L’acqua d’alto cader gonfia e spumante,
Che non pur delle selve i tronchi busti
Ma ne porta su ’l dorso i bosch’interi,
Nè pon soffrire i ben fondati ponti
400La smisurata forza: il fiume abbatte
Ogni eccelso edifizio, e sotto l’acque
Gran sassi avvolge, onde rovina a terra
Ciò ch’al rapido corso ardisce opporsi.
Così dunque del vento il soffio irato,
405Se qual torrente impetuoso scorre
Verso qualsisia parte, innanzi caccia
Ciò ch’egl’incontra, e lo divelle e schianta:
Or con vortice torto alto il rapisce,
E con rapido turbo il ruota e porta.
410È dunque il vento un invisibil corpo,
Se nell’opre, ne’ moti i fiumi imita,
Che son composti di visibil corpo.
Giungono anch’alle nari odor diversi
Che tra via nondimen l’occhio non vede,
415Nè i fervidi bollor, nè i freddi pigri
Mirar si pon, nè le sonore voci
E «pur forz’è, che di tai cose ognuna
Corporea sia, poichè commove il senso,
Che null’altro, che il corpo è tocco, e tocca,
420Le vesti ai fin nel marin lido appese