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di Tito Lucrezio Lib. I. | 23 |
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E dal Corpo, e dal Vuoto, onde si dia
Una quasi tra lor terza natura,
585Ch’è pur qualcosa ciò ch’al mondo trovasi,
Sia di piccola mole, o sia di grande;
Poichè s’egli esser tocco, e toccar puote,
Benchè lieve e minuto, è corpo al certo;
Se no, Vuoto si chiama, o Spazio, o Luogo.
590In oltre, ciò che per se stesso fia,
O sarà qualche cosa, o sarà fatto;
O fia ciò, dove i corpi hanluogo, e nascono;
Ma non può far, nè farsi altro, che il Corpo,
Nè dar luogo alle cose altro, che il Vuoto.
595Dunque oltre al Vuoto; e al Corpo in van si cerca
Una quasi tra lor terza natura,
Che per se accresca delle cose il numero;
Essendo il tutto ad ambedue congiunto,
O loro evento, che accidente io chiamo,
600Tu stima poi, che sia congiunto quello,
Che non può senza morte esser disgiunto;
Come il peso alle pietre, il caldo al fuoco,
A’ corpi il tatto, il non toccarsi al Vuoto,
Servitude all’incontro e libertade,
605Ricchezza e povertà, concordia e guerra,
E tutto ciò che venga, O resti, O porta
Lascia salve le cose, io questo soglio
Accidente chiamar, come conviensi.
Il tempo ancor non è per se in natura;