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di Tito Lucrezio Lib. I. 27

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  Che distinguon dal pieno il vuoto spazio.
  Questi mai non offende esterna forza:
  Ogni percossa è vana a dissipate
  La loro indissipabile sostanza:
  695Poichè nulla, che sia di Vuoto privo,
  Non par, che possa, esser urtato in modo,
  Che si spezzi ’n due parti, e si divida,
  Nè dar luogo all’umore, al freddo, al caldo,
  Onde ogni cosa vien ridotta al fine:
  700Ma quanto più di Vuoto in se racchiude,
  Tanto più penetrato agevolmente
  Dagli, esterni nemici è poi discrutto,
  Dunque se i primi corpi impenetrabili
  Sono, e senz’alcun Vuoto, è forza al certo,
  705Come già t’insegnai, che siano, eterni.
S‘eterna in oltre la materia prima
  Stata non fosse, al nulla omai ridotto
  E dal nulla rinato il tutto fora.
  Ma perchè chiaro io t’ho mostrato avanti,
  710Che nulla mai si può crear dal nulla,
  Nè mai cosa creata annichilarsi;
  Forz’è pur confessar, che i primi semi
  Sian di corpo immortale, in cui si possa
  Dissolver finalmente ogni altro corpo;
  715Acciò che sempre la materia in pronto
  Sia per rifar le già disfatte cose.
  Per lor simplicità dunque i principj

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