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di Tito Lucrezio Lib. I. 37

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  Ma non sembra però, che qui nascesse
  Cosa mai più mirabil di costui,
  Nè più bella e gentil, più cara e santa.
  Se non se forse in Siracusa nacque
  965Il divino Archimede, e nuovamente
  Nella nobil Messina il gran Borelli
  Pien di filosofia la lingua, e ’l petto,
  Pregio del mondo, e mio sommo e sovrano,
  Mio maestro, anzi Padre, ah! più che padre.
  970Dell’eccelsa sua mente i sacri versi
  Cantansi d’ogni intorno, e vi s’impara
  Sì dotte invenzioni e sì preclare,
  Che credibil non par, ch’egli d’umana
  Progenie fosse. Ei non pertanto, e gli altri
  975Che di sopra io contai di lui minori
  Molto in molte lor parti; ancorchè molti
  Ottim’insegnamenti, anzi divini
  Dal profondo del cor, quasi responsi
  Dessero altrui, molto più santi e certi
  980Di quei, ch’è fama, che dal sagro lauro
  Di Febo e delle Pitie ampie cortine
  Uscisser già pur, com’io dissi, erraro
  Intorno a’ primi semi; e gravemente
  Fecer quivi inciampando alta caduta.
  985Pria perchè tolto dalle cose il Vuoto,
  Mover le fanno, e lascian rari, e molli
  Il cielo, il foco, il Sol, l’acqua, e la terra

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