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38 di Tito Lucrezio Lib. I.

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  Gli uomini, gli animai, le piante, e l’erbe;
  Senza mischiar entro a i lor corpi il Vuoto;
  990Poi perchè fan, ch’allo spezzar de’ corpi
  Non sia prescritto da Natura un fine,
  Nè parte alcuna indivisibil danno.
  E pur veggiam, che d’ogni cosa il termine
  È quel, ch’al senso indivisibil sembra,
  995Onde tu passa argumentar da questo
  Anco quel, che mirar non puoi cogli occhi
  Cioè ch’essendo circoscritte, è forza,
  Ch’abbian lo indivisibile le cose.
S’arroge a ciò, che la materia prima
  1000Voglion, che molle sia; ma quel, ch’è molle,
  Spesso stato cangiando, or nasce, or muore;
  Per la qual cosa omai disfatto il tutto
  Sariasi in nulla mille volte e mille,
  E mille e mille volte anco rifatto;
  1005Il che ben sai quanto dal ver sia lungi
  Per le ragioni mie di sopra addotte.
  Senza che son nemiche in molti modi
  Fra lor le cose molli, e rio veleno
  Sono a se stesse, onde o perir dovriano
  1010Dopo fiera battaglia, o fuggir tosto;
  Qual allor che tempesta in Ciel si genera
  Fuggonsi i venti, e le bufere, i fulmini.
Al fin se può di quattro corpi soli
  Ogni cosa crearsi, e poi di novo

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