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di Tito Lucrezio Lib. I. | 51 |
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Finalmente abbiam posto avanti a gli occhi,
1340Che l’un corpo dall’altro è circoscritto:
L’aer termina i colli, e l’aura i monti,
La terra il mare, il mar la terra, e nulla
Non è, che fuor dell’Universo estenda
I suoi propri confini. E la natura
1345Del luogo adunque, e del profondo spazio
Tal, che i fiumi più rapidi, e più torbidi
Non potrebbon correndo eternamente
Giunger al fin giammai, nè far, che loro
Men da correr restasse. Or così grande
1350Copia di luogo han d’ogn’intorno i corpi,
Senza fin, senza meta, e senza termine.
Che poi la somma delle cose un fine
A se medesma apparecchiar non possa,
Ben provede Natura. Essa circonda
1355Sempre co ’l Vuoto il corpo, ed all’incontro
Co ’l corpo il Vuoto; e così rende immenso
L’un, e l’altro di lor: che se un di due
Fosse termin dell’altro, egli fuor d’esso
Troppo si stenderebbe, e non potria
1360Durar nell’Universo un sol momento
Nè la terra, nè il mar, nè i tempj lucidi
Delle stelle, del Sol, nè l’uman genere,
Nè degli Dei superni i santi corpi,
Conciossiacchè scacciati i primi semi
1365Dalla propria union, liberi, e sciolti