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DI TITO

LUCREZIO CARO

DELLA NATURA DELLE COSE.

LIBRO SECONDO.

Dolc’è mirar da ben sicuro porto
  L’altrui fatiche all’ampio mare in mezzo,
  Se turbo il turba, o tempestoso nembo
  Non perchè sia nostro piacer giocondo
  5Il travaglio d’alcun, ma perchè dolce
  È, se contempli il mal, di cui sei privo.
  Nè men dolce è veder schierati in campo
  Fanti, e cavalli, e cavalieri armati
  Far tra lor sanguinose aspre battaglie.
  1OMa nulla mai si può chiamar più dolce,
  Che abitar, che tener ben custoditi
  De’ Saggi i sacri templi, onde tu possa
  Quasi da Rocca eccelsa ad umil piano
  Chinar tal volta il guardo, e d’ogn’intorno
  15Mirar gli altri inquieti, e vagabondi

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