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64 di Tito Lucrezio Lib. II.

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  E del ferro feroce i duri corpi,
  E i macigni, e i diaspri, e gli adamanti.
  Quelli, che vagan poi pe ’l Vuoto immenso,
  E saltan lungi assai veloci, e lungi
  155Corron per grande spazio in varie parti,
  Posson l’aere crearne, e l’aureo lume
  Del Sole, e delle stelle erranti, e fisse:
  Ne vanno ancor per lo gran Vano errando
  Senza unirsi giammai, senza potere
  160Accompagnar, non ch’altro, i proprj moti;
  Della qual cosa un simolacro vivo
  Sempre innanzi a’ nostr’occhi esposto abbiamo:
  Posciachè rimirando attento, e fisso
  Allor che il Sol co’ raggi suoi penetra
  165Per picciol foro in una buja stanza,
  Vedrai mischiarsi in luminosa riga
  Molti minimi corpi in molti modi,
  E quasi a schiere esercitar tra loro
  Perpetue guerre: ora aggrupparsi, ed ora
  170L’un dall’altro fuggirsi, e non dar sosta
  Onde ben puoi congetturar da questo,
  Qual sia l’esser vibrati eternamente
  Per lo spazio profondo i primi semi;
  Se le piccole cose a noi dar ponno
  175Contezza delle grandi, e i lor vestigj
  Quasi additarne la perfetta idea.
Tieni a questo, oltre a ciò, l’animo intento:

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