< Pagina:Luisa Anzoletti - Canti dell'ora, Milano 1914.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

Alla madre del poeta 147

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Luisa Anzoletti - Canti dell'ora, Milano 1914.djvu{{padleft:155|3|0]]


Chi potè dire: il verno arido abbrevio
e la tristizia e la stoltezza? l’onta
45del gioire il deforme, o ciechi, allevio?

Sol quei che il mondo più di luce impronta,
titanio efebo da le molte vite,
48e con la morte vincitor s’affronta.

O anime nel tedio svigorite,
o petti senz’amore e senza ira,
51o rede di Belacqua, aprite aprite

le mute chiostre all’Unico che attira
i raccesi disii con la sua foga
54ne l’alto sempre, pur quando delira.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.