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156 | MACBETH |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Macbeth.djvu{{padleft:159|3|0]]::::macbeth.
- Maladetta
- La lingua che mel dice! ella mi ruba
- Quanto di meglio possedea, l’ardire!
- Misero chi s’affida alle bugiarde
- Profezie dell’inferno! Ambiguo senso,
- Che ci adesca e tradisce, in lor si chiude;
- tengon fede all’orecchio, e le speranze
- Deludono del cor. — No! Misurarmi
- Teco io non vo’
- macduff.
- Mi cedi adunque il brando,
- Vile! e gioco, spettacolo diventa
- Della plebe. Sì, sì! l’effige tua,
- Come d’un raro mostro, ad una picca
- Sospendere vogliam con tal leggenda:
- «Qui si vede il tiranno!»
- macbeth.
- Io non m’arrendo,
- macbeth.
- Io non piego il ginocchio a quell’imberbe
- Malcomo; nè bersaglio ai vili oltraggi
- Mi farò della plebe. Ancor che il bosco
- Di Biràm s’avvicini a Dusinana,
- Ancor che tu dall’alvo della madre,
- Svelto fossi immaturo, io la suprema
- Farò delle mie prove, e schermo solo
- Mi sarà d’ora in poi la buona tempra
- Di questo scudo. Assalimi, ferisci!
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