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ATTO PRIMO. 43

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Eri, o Macbetto, e più che mai t’è d’uopo
Esser tale in quest’ora. Il loco e il tempo
Ti mancavano allor che me ponevi
Nel tuo segreto; di creare entrambi
Gran disio tu mostravi. Or da sè stessi
Entrambi si creàr, ma te disfero.
I miei figli allattai; so dunque a prova
Quanto possa l’amor in una madre
Pel suo bambino che ne sugge il seno.
Ma più tosto che farmi una spergiura,
Che mancar da vigliacca alla promessa
Come tu fai, per dio! che il mio bambino
Svelto avrei dalla poppa, avrei compresse
Le sue gracili tempie, ancor che vòlto
Si fosse a me col più dolce sorriso.
macbeth.
E questa maledetta opra d’inferno
Ne darà la corona? Il Cumberlanda
Fra il soglio e noi non si porrà? Non vive
Donalban? Nell’uccidere Duncano
Ci bruttiam d’un delitto utile solo
Ai figli suoi.
lady.
Conosco i nostri alteri
Patrizi. Il loro orgoglio ad un fanciullo,
Credimi, non si piega; ed una guerra
Fra cittadini avvamperà. Tu sorgi
Allor come il più degno, il più vicino
Di sangue al re defunto, e dell’erede

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