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dell’istoria di verona libro settimo 249

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Maffei - Verona illustrata I-II, 1825.djvu{{padleft:279|3|0]]struzion delle antichità, ma bensì a noi stessi, che abbiam disfatto il vecchio per fabricare il nuovo. Quinci è, che la maggior parte dell’antiche iscrizioni ci è venuta da villaggi, perchè nelle città il fabricar le consumava. Mostreremo nel Trattato degli Anfiteatri, come molte pietre del nostro si riconoscono in queste mura. Una Costituzione si ha di Leone e Maggioriano, da cui si vede com’era in uso, per valersi de’ materiali anche nelle private case, di distruggere gli edifizj publici, ne’ quali consiste l’ornamento delle città, e per riparar cose piccole, d’abbattere e disfar le grandi (Nov. Mai. tit. 6: ut parvum aliquid reparetur, magna diruuntur) - il che dai detti Imperadori restò severamente proibito. Ma danno deplorabile patirono senza dubbio allora le memorie nostre per la gran quantità di scritte lapide che saranno state gettate ne’ fondamenti. Pochi anni sono sopra trenta se ne scoprirono a Torino nel fondamento d’un piccol tratto della vecchia muraglia, ch’era opera de’ mezzani secoli, gettata a terra per occasione del nuovo ingrandimento e della dilatazion del recinto. Non è da dubitare che presso noi parimente non giaccia sotto quelle mura miseramente sepolta forse la più bella parte dell’Istoria nostra, e quelle notizie forse che con tanta avidità si cercano indarno ne’ libri.

Come la città era da tre parti circonvallata dal fiume, così con le mura si serrò solamente da quella parte che rimaneva aperta e indifesa. Mostrasi nella premessa Pianta il lor sito con punteggiata linea, rilevata dalle reliquie,

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