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32 | dell’istoria di verona |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Maffei - Verona illustrata I-II, 1825.djvu{{padleft:62|3|0]]armi. Ma questo nasce dalle idee moderne, secondo le quali bisogna misurar le forze d’uno Stato dall’estensione: perchè mancata l’arte d’interessar tutti, con che ogni piccolo Stato diventa grande, non si acquista forza che con vastità di dominio, e con profusione di quanto è in esso. Non può negarsi che dove in quegli antichi governi non fossero stati con qualche sorte di comunanza e di participazione vincolati tutti i cuori, non solamente in così angusta condizione, ma avrebber potuto anche con assai più ricchezza esser poveri, e con assai maggiori forze esser deboli. Non può negarsi che dove il frutto de’ pericoli e la capacità del beneficio non si fosse conosciuta comune, ma determinata al maggior luogo, perpetuo rischio sarebbe rimaso dalla maggior forza, e in grandissimo numero d’uomini non si sarebber trovati soldati, e in urgente occasione si sarebbe convenuto cercar mercenarii di fuori, con disperdimento infinito, tardi, freddi, poco utili e mal affetti. Ma poichè allora considerava ognuno come affar proprio tutto ciò che avveniva allo Stato, in qualunque caso tanti eran tosto i soldati, quanti eran gli uomini: ed essendo dapertutto ugual la premura, in tutti i borghi, de’ quali solean comporsi le Republiche de’ Galli, ognun prendea l’armi. In questo modo facil cosa a ciascheduna era il mettere tosto in armi un corpo di gente considerabil per numero, ma molto più per valore; correndo tra que’ soldati e i moderni generalmente quella differenza che suol correre tra chi opera per interesse proprio, e