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— Adesso.

— Adesso?

— Credeva Lei ch’io potessi dormire ancora sotto questo tetto?

Steinegge non rispose.

— Vado a piedi sino a... e là aspetterò il primo treno per Milano. Lei mi farà il favore di consegnare questa lettera al conte Cesare. Qui ci son pochi denari che La prego di distribuire, come crederà meglio, ai domestici. Per fortuna non avevo ancora fatto venire i miei libri; ma lascio qui un baule. Avrà Ella la bontà di spedirmelo?

Steinegge affermò del capo; ma non poteva parlare, aveva un groppo alla gola.

— Grazie, amico mio. Quando avrà fatta la spedizione me ne avverta con una lettera ferma in posta e vi unisca la chiave che Le lascio, perchè vi sarà ancora qualche cosa di mio da raccogliere.

— Oh, ma volete proprio partire così?

— Proprio così voglio partire. E sa cosa ho scritto al conte? Gli ho scritto che le mie idee sono troppo lontane dalle sue perch’io possa accettare la collaborazione offertami; e che onde evitare spiegazioni spiacevoli, onde sottrarmi al pericolo di cedere, parto a questo modo chiedendogliene perdono e protestandogli la mia gratitudine. Uno scritto cortese nella forma e villano nel fondo, uno scritto che lo deve irritare contro di me. Io sdegno di accusarla; le avevo scritto e poi ho stracciata la lettera; ma ella intenderà che ho voluto rispondere a lei spezzando netti d’un colpo i legami che le han dato argomento d’insultarmi. E tutti gli altri intenderanno, spero.

— Per questa donna!— fremè Steinegge, scotendo i pugni.

— Ma Lei non sa il peggio — mormorò Silla. — Lei non sa quanta viltà v’è in me. Glielo voglio dire. Il solo pensiero di posar le labbra sopra una spalla di questa

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