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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Malombra.djvu{{padleft:174|3|0]]vada a fare? Il Deputato? — Non partì, ma faceva di tratto in tratto delle visite a suo figlio. S’incontravano a Milano per abbreviare il viaggio e perchè Nepo amava far conoscere sua madre a’ suoi amici. Colà videro spesso i Crusnelli di Malombra, loro cugini per parte della madre di Marina. Fra i d’Ormengo e i Salvador v’era stata alleanza fin dal 1613, quando Emanuele d’Ormengo, inviato di Carlo Emanuele I a Venezia, s’invaghì di Marina Salvador e la sposò. Nel 1797 Ermagora Salvador, esule da Venezia, trovò a Ginevra i d’Ormengo fuggiaschi dal Piemonte, e, un anno dopo, condusse in moglie Alessandrina Felicita, zia del conte Cesare e madre, in seguito, di Alvise VI. Il lusso tutto moderno del marchese Filippo abbagliò Fosca, benchè nel suo palazzo di Venezia vi fossero da secoli ricchezze dieci volte maggiori. Ella pensò subito ad un matrimonio e ne parlò a Nepo, il quale arricciò il naso e rispose in tono cattedratico che un giovanotto non può legarsi senza una gran passione, e che quando si ha l’amicizia delle più belle e colte signorine di Venezia e di Torino non è facile innamorarsi a prima vista di altre persone; che, al postutto, lo sfarzo dei Malombra gli piaceva e non gli piaceva. Un oracolo! pensò sua madre, quando improvvisamente casa di Malombra si sfasciò. Ella si compiacque assai che Marina fosse stata raccolta dallo zio Cesare. Lo aveva conosciuto a Venezia un trent’anni addietro; lo sapeva ricchissimo e senz’altri eredi che questa nipote. Non osò tuttavia riparlare a Nepo di matrimonio, dopo la teoria dei giovinotti dalle belle amiche. Fu Nepo che un paio d’anni dopo la catastrofe trovandosi con lei a Milano, escì a parlare della povera Marina, delle sue disgrazie, dei suoi begli occhi; le disse che certe idee respinte una volta, al tempo della prosperità di Marina, adesso gli si riaffacciavano, gli entravano meglio di prima nel cuore intenerito.— Taso, ma non la bevo, vissere — disse tra sè la contessa Fosca.

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