Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— Ah! — disse Marina entrando nel sole — ci siamo.
Ella saltò di gioia tuffandosi nella luce e nel calore. Passava allora fra due campicelli di grano saraceno. Una nuvola di farfalle si alzò dai fiori bianchi del grano, vi aleggiò sopra per breve tempo e tornò a posarvisi.
— Pare neve — disse Marina volgendosi per la prima volta, a Edith.
Ma Edith era rimasta qualche passo addietro.
— Vengono? — le gridò Marina.
— Odo la voce di Suo cugino e del ragazzo — rispose Edith.
Marina fece una piccola smorfia.
— Venga con me — diss'ella.
Il sentiero toccava, due passi più su, un gruppo di stalle seduto sullo spigolo del monte che si gira per andare all'Orrido. Quelle rozze stalle sedevano dentro una larga macchia di fango puzzolente, all'ombra chiara di alcuni noci tutti sforacchiati di raggi di sole. Non ci si udiva, non ci si vedeva anima vivente; tutto taceva. Qualche gerla abbandonata presso gli usci chiusi, qualche pezzo di corda accavallato al pozzale della cisterna, l’aspetto della profonda valle e un sussurro di lontane cascate invisibili accrescevano il silenzio. Il sentiero indicato dal Rico passava tra le stalle; Marina pigliò un altro viottolo che sale dritto a una cappelletta. Ella fe' cenno a Edith di sedere e disse piano:
— Aspettiamo che passino.
In quella cappelletta era dipinto un Redentore coronato di spine, bruttissimo, a’ piedi del quale si leggeva:
Quantunque, o passegger, ti sembri un mostro,
Io sono Gesù Cristo, Signor Vostro.
L'erba intorno brillava ancora di rugiada e di vento puro, vivificante, che faceva lievemente stormire le foglie dei noci.
Malombra. | 15 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Malombra.djvu{{padleft:229|3|0]]