< Pagina:Malombra.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

— 330 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Malombra.djvu{{padleft:334|3|0]]come ha fatto l’orso! Dunque senta; adesso deve venire spesso, spesso, spesso e lasciarsi studiare un po’.

Ella gli stese la mano sorridendo e trattenne quella di Silla.

Donna Giulia aveva una bella riputazione di civetta. Si diceva però ch’ell’era una farfallina d’amianto. La definizione era attribuita a suo marito che non le si vedeva mai accanto nè in casa, nè fuori, e che avrebbe giustificato a questo modo, in un colloquio intimo, la sua fiducia indolente. Silla lo sapeva; gli balenò che la signorina ignota fosse una ispirazione poetica, ma egli presumeva troppo poco di sè per affermare risolutamente quest’idea.

— Verrò certo — diss’egli — ma non per una x così nebulosa...

— No, no, no — lo interruppe Giulia. — Non complimenti. Dio, ne sento tanti, Silla! Dica che verrà molto per la x e un pochino anche per me, non è vero? O per mia cugina Antonietta — soggiunse con un malizioso sorriso. — La conosceva?

— L’ho vista una volta in casa B...

— Ah, va dalla B... Lei? Senta, non cerchi mica la x fra le mie amiche, sa! Non sta a Milano.

— Non sta a Milano? — disse Silla trasalendo.

— No. Zitto adesso. Come è bello questo!

Il piano cantava:


Ah non credea mirarti.


La lenta melodia saliva saliva affannosamente una via dolorosa, cadeva spossata, rilanciavasi avanti, ricadeva con la sua divina grazia di movenze.

— Dio, come pesta — disse Giulia. — Capisco niente — soggiunse in milanese sospirando. — Senta adesso se non pare una canzone napoletana:


Piangeva sempre ca dormiva sola.
    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.