Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 441 — |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Malombra.djvu{{padleft:445|3|0]]preceduto nella nostra religione l’insegnamento dogmatico. Ed ecco il primo grande aiuto del cuore nella indagine religiosa: ne determina la direzione dal punto di partenza. Partite con l’orgoglio, con la sensualità; andrete logicamente verso la negazione, il nulla, il male, perchè vi è una terribile strada logica che conduce là. Partite con il cuore puro e anche, dirò, con le opere pure, accordo necessario, e andrete verso il vero. Ma come? Con la logica sola? No. Con il cuore, con il sentimento solo? Ma neppure, no certo; con tutte le facoltà dell’anima, con la ragione, con la immaginazione, con l’amore. Parlo, sa, ora, dei mezzi umani di ricerca, lascio da parte la grazia. Non si tratta d’indurre nè di dedurre, ma di slanciare grandi ipotesi davanti a noi. Ci vuole fantasia per questo, calore e purezza di sentimento, ci vuole sopratutto la facoltà più sublime dell’anima nostra, che non so come venga spiegata dai razionalisti, la facoltà d’intravvedere per subitanei chiarori interni...
— Io non ho questa cosa — disse Steinegge.
— D’intravvedere idee superiori alla potenza ordinaria della mente in cui sorgono, sorprendenti per lei stessa. Allora comincia intorno a questa ipotesi il paziente lavoro logico della ragione per veder se combaciano con le verità note e tra loro, per modificarle, abbandonarle ove occorra. Certo neppur con questo procedimento si spiegano i misteri, ma si ottiene però qualche volta il risultato mirabile d’indicarli dove la Rivelazione ci dice che realmente sono, presso a poco come quel pianeta indicato da un astronomo là dove poi fu visto. E allora sopravviene la fede, se non è giunta prima. So cosa rispondono i suoi razionalisti.
— Ooh! — disse Steinegge come per iscusarsi.
Un veemente soffio calò stridendo sui rovi del sasso, mise nel bosco una follìa frenetica, uno strepito che impediva di udire le parole. Don Innocenzo sempre acceso in viso, non potendo parlare, scoteva l’indice teso