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— Ch’Ella parte di qua per sempre e non cercherà mai di rivedermi.

— Questo le basta?

— Com’è buono! — disse Marina sottovoce.

— Posso esserlo col signor conte Salvador — rispose Silla freddamente. — Mi sono posto stanotte a sua disposizione, l’ho aspettato un’ora, ed egli non si è lasciato vedere.

— Ah, lo odia, Lei? — esclamò Marina con due occhi lampeggianti.

— Io? No.

Ella si pose a camminare su e giù per la camera, si fermò a un tratto, dicendo:

— Ma iersera sì, eh, che lo odiava? Iersera alle undici?

Silla pensò un momento e rispose.

— Marchesina, è stata un’allucinazione anche la mia.

Ella rise forte, d’un riso che strinse il cuore a Silla.

— Allora — disse — Le perdono tutto ed è affare finito.

— Dunque la marchesina non desidera più nulla da me?

— Grazie — rispose Marina sorridendo amabilmente. — Nulla. Ci vedremo ancora a pranzo, non è vero? Lei pranza qui? Ne la prego — soggiunse perchè Silla esitava.

Egli sapeva che questo pranzo non si farebbe, ma non credette prudente di entrare nell’argomento e s’inchinò ringraziando.

Mentr’egli usciva, Marina battè con la mano sullo stipo antico, e disse:

— Sa? Distrutto!

Silla si voltò, vide la bella mano bianca ch’esprimeva in aria, con un breve gesto, lo sparir di qualche cosa, la bella testa che salutava ancora, sorridendo.

— Meglio — diss’egli.

Appena percorso il corridoio e posto il piede sulla scala, si udì alle spalle, un grido acutissimo. Balzò indietro alla porta ond’era uscito, vi stette in ascolto,

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