< Pagina:Malombra.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

— 65 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Malombra.djvu{{padleft:69|3|0]]volte in passato le erano comparse immagini non evocate di luoghi solitari e selvaggi in cui il suo pensiero posava un momento, senza desiderio nè ribrezzo. Adesso le tornavano a mente. Ricordava qualche cosa di simile a questo nero deserto. Alla Scala? Sì, una notte, al veglione della Scala; un’altra notte, in casa sua, coricandosi dopo una gran festa, le era balenata una tetra visione di solitudini montane. Non s’era curata di quei fantasmi. Ed ora, ecco il vero.

— Signora — disse timidamente Giovanna.

Marina non rispose.

— Signora!

Silenzio.

— Signora donna Marina!

Questa trasalì e si voltò bruscamente.

Non c’era più che la vecchia in camera; gli altri se n’erano andati.

— Ebbene? — diss’ella.

— Per questa sera avrà pazienza così. Domani speriamo che il signor padrone cambierà idea. Se no, cercheremo di fare un po’ meglio. Comanda qualche cosa?

— Sicuro.

Data questa laconica risposta, Marina piantò lì l’attonita vecchierella, fece due o tre giri per la stanza e le tornò davanti.

— Questo diavolo? Dov’è questo diavolo?

— Ah, cara Madonna, non lo so, io. Son cose che si dicono così... sa bene. Io non so.

— Cosa dicono?

— Oh, non abbia paura, sa!

— Cosa dicono?

— Dicono che qui dentro c’è l’anima d’un povero morto che sarebbe poi il padre del signor conte, il suo papà grande di lei.

Marina rise.

— Dunque mio zio è figlio del diavolo!

    Malombra 5

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Malombra.djvu{{padleft:69|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.