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«Madre mia, padre mio, è vero che siete morti, che non potete difendermi? Ah, d’Ormengo, vili, vili, vili! Almeno non soffrono.

«Debbo arrestarmi un momento. I miei pensieri non mi obbediscono, si muovono tutti in una volta, si aggruppano qui in mezzo alla fronte, vi fanno una smania che non ha sollievo.

«Addio, sole: a rivederci.

«Porta nera, porta nera, non aprirti ancora!

«Calma. Alcune regole per quel giorno.

«Quando nella seconda vita avrò ritrovato e letto il presente manoscritto, m’inginocchierò immediatamente a ringraziar Dio; quindi, paragonati i miei capelli d’adesso a quelli d’allora, provato il guanto e, guardata la immagine nello specchio, spezzerò a quest’ultimo il vetro che dev’essere rinnovato per poter servire un’altra volta, e riporrò tutto nel segreto. Poi converrà premere sull’uncino per far tornar su il piano orizzontale.

«Aver fede cieca nella divina promessa: lasciar fare a Dio.

«Sieno figli, sieno nipoti, sieno parenti, la vendetta sarà buona per tutti. Qui aspettarla, qui.

«Cecilia».


Marina lesse avidamente e non intese.

Rilesse. Al passo: «Tu che hai ritrovato e leggi queste parole, conosci in te l’anima mia infelice», si fermò. Prima non le aveva notate.

L’occhio suo si fermò su quelle parole, e le mani, che tenevano il foglio, tremarono. Ma per poco. Ella proseguì a leggere e le bianche mani tremanti parvero pietrificate.

Giunta alle parole «m’inginocchierò immediatamente a ringraziar Dio» chiuse il manoscritto tenendovi dentro l’indice della mano destra e rimase immobile in piedi, con la testa china sul petto.

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