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gl’inni sacri e la morale cattolica. 145

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Manzoni.djvu{{padleft:147|3|0]]siano cattolici, sian protestanti, l’Inno manzoniano della Pentecoste, ossia l’inno dell’amore, l’inno della carità. Il Manzoni sta per uscir dalla tutela troppo opprimente della sua guida spirituale. Egli è arrivato finalmente a riposare non più nel genere, ma in una sua propria specie di fede; ma egli vuole poi esser libero di cantarla come la sente, non vuol più traccie, la traccia egli se la darà questa volta da sè; non teme oramai più il ridicolo, che da principio lo disturbava ed irritava, è arrivato alla calma, anzi a quella pace che il mondo irride, ma non può rapire, e chi ha la pace nell’anima è libero e padrone di sè. Perciò, nel suo Canto della Pentecoste, che appartiene già ad un nuovo ciclo della vita manzoniana, il Poeta ritrova nuovamente sè stesso, tutta la sua originalità, tutta la sua potenza; noi sentiamo risorgere il Manzoni dell’Imbonati, ma rinvigorito, ma più eloquente, ma più sereno e più grande; noi recitiamo commossi la sua magnifica invocazione lirica all’Amore cristiano, perchè si diffonda e si comunichi a tutte le vite, a tutte le età della vita:

Noi t’imploriam; nei languidi
  Pensier dell’infelice
  Scendi, piacevol Alito,
  Aura consolatrice;
  Scendi bufera ai tumidi
  Pensier del vïolento;
  Vi spira uno sgomento,
  Che insegni la pietà.
Per te sollevi il povero
  Al ciel ch’è suo, le ciglia;
  Volga i lamenti in giubilo,


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